Ci ho pensato parecchio e poi alla fine ho detto sì. Ho dato la mia disponibilità al Partito Democratico della Valle d’Aosta ad essere candidato nella lista del PD della circoscrizione Nord – Ovest alle prossime elezioni europee di giugno.
L’ho fatto perché credo di aver maturato una discreta esperienza politico-amministrativa. Ho fatto per 15 anni l’amministratore locale: 5 anni di minoranza e 10 da sindaco, primo cittadino nel comune più piccolo della nostra regione, Rhêmes-Notre-Dame, e poi nel capoluogo regionale, Aosta. Ho ricoperto il ruolo di segretario regionale del PD della Valle d’Aosta per un biennio (2014/2015) ed oggi sono dirigente della Regione Autonoma della Valle D’Aosta e mi occupo di fondi europei. Sono esperienze che vorrei mettere al servizio del mio territorio.
Queste elezioni europee rappresentano un punto di svolta. Lo diciamo ad ogni campagna elettorale, ma questo momento storico è particolare. Usciti dalla pandemia da Covid-19 che ha completamente sconvolto le nostre vite, siamo stati trascinati nell’abisso di due guerre, una in Ucraina, alle porte di casa, e l’altra nel vicino medio-oriente. Due guerre diverse eppure così simili, due conflitti che sembrano sconvolgere le certezze con le quali la mia generazione è cresciuta. Ci troviamo oggi di fronte a scelte di portata storica a cui siamo chiamati a rispondere, innanzitutto come europei.
Come arrivare ad una pace sul nostro continente, ripristinando l’ordine internazionale violato? Come aiutare l’Ucraina nella difesa del suo territorio e della sua sovranità senza scatenare una nuova guerra mondiale? Come porre fine al conflitto tra Israele ed Hamas, assicurando il rientro di tutti gli ostaggi così da porre fine alla reazione, ormai spropositata, dello Stato di Israele nella striscia di Gaza?
Interrogativi di non poco conto che ognuno di noi si è posto in questi ultimi mesi. La risposta non può che venire da un’Europa più forte, un’Europa federale che possa parlare con una sola voce e che abbia l’autorevolezza per porsi come player internazionale al pari di Stati Uniti, Russia e Cina.
Per costruire questa Europa che vuole portare la pace su questi scenari internazionali ci vogliono persone che credono nei valori della democrazia e della libertà dei popoli, valori che il Partito Democratico ha sempre promosso e che io ho sempre sostenuto.
Tuttavia, un buon parlamentare europeo deve saper portare anche la voce del proprio territorio sui tavoli internazionali.
Mi candido anche e soprattutto perché credo che manchi in Europa una voce forte e chiara che arrivi dalla montagna, tema centralissimo per chi come me, vive e lavora in Valle d’Aosta, soprattutto se consideriamo che la montagna ricopre il 40% del territorio europeo e in essa abita il 25% della sua popolazione.
Fatta esclusione per un breve cenno in un articolo nel Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, in realtà ad oggi non esiste una vera e propria politica per la montagna, una politica trasversale che risponda alle esigenze delle comunità locali.
Per fare un esempio, guardiamo il problema di quello che la Commissione europea ha definito la “trappola per lo sviluppo dei talenti” (Talent Development Trap), che individua i territori che hanno un numero troppo basso di lavoratori ad alte competenze per sostenere un trend di crescita economica. Le cause sono molteplici e riguardano specialmente la riduzione della forza lavoro, la stagnazione del tasso dei laureati e l’emigrazione dei giovani.
Anche le regioni più sviluppate, come Piemonte, Liguria e la Valle d’Aosta, risentono di queste difficoltà e rientrano nelle 46 Regioni (che corrispondono al 16% della popolazione europea) che sono soggette a questa trappola.
Peraltro, il declino demografico incide pesantemente sulle c.d. “aree interne”, cioè quei comuni più periferici rispetto ai c.d. comuni “polo” e che presentano deficit in termini di accesso ai servizi essenziali come salute, istruzione e mobilità. Nella nostra regione sono definite aree interne la Grand Paradis, la Bassa Valle e, da ultimo, la Mont Cervin. Ma il tema più rilevante è che il 50% dei comuni italiani inseriti in aree interne sono montani.
Da questi pochi dati ci rendiamo subito conto come sia sempre più urgente una vera e propria politica europea della montagna che possa affrontare questi temi in maniera trasversale.
La sfida del futuro è mantenere viva la montagna, creare le condizioni affinché le persone non abbandonino le vallate per i grandi centri abitati, mantenere i servizi e creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile delle terre alte.
Tra i vari temi che hanno un impatto importante sul nostro territorio, vi sono l’agricoltura, i trasporti e l’energia.
E’ necessario, in primis, supportare la nostra agricoltura di montagna, i piccoli produttori e allevatori che sono la spina del nostro settore primario e che svolgono un ruolo fondamentale nella cura del territorio. La politica agricola comune (PAC) gioca un ruolo fondamentale ma le difficoltà dei piccoli agricoltori in un territorio estremamente parcellizzato come il nostro, meritano un’attenzione supplementare.
Inoltre, in questi ultimi anni, è diventato sempre più centrale il problema dei trasporti e dei collegamenti con il resto dell’UE: non parliamo solo del Tunnel del Monte Bianco, ma anche del Frejus e del Gottardo. Mentre le merci che passano per il corridoio che collega l’Italia con la Svizzera sono per il 75% su treno, quelle che dall’Italia vanno verso la Francia, solamente 7% è su ferro, mentre oltre il 90% è ancora su gomma. Esiste dunque un vero tema di sviluppo che riguarda il sistema ferroviario che attraversa le Alpi occidentali. Peraltro, oggi, la situazione è diventata ancor più problematica stante l’intervento del Tirolo che ha imposto restrizioni unilaterali sulla direttrice stradale del Brennero, sull’asse Italia – Austria. Il rischio di isolamento nei collegamenti transalpini incide sulla libertà di spostamento delle persone e delle merci con impatti negativi sulla nostra economia.
Infine va posto il tema dell’acqua, della sua gestione per usi domestici, irrigui e a scopo idroelettrico, stante la scarsità della risorsa. In particolare la messa a gara delle concessioni idroelettriche merita di essere rivista a livello europeo perché con la guerra di aggressione russa il tema della sicurezza energetica è diventato centrale e perché l’idroelettrico è fonte energetica rinnovabile, indispensabile per la transizione energetica. Al problema dell’acqua è legato anche il tema del cambiamento climatico e del suo impatto, maggiore sulle Alpi perché l’innalzamento delle temperature nelle aree montane è molto più elevato rispetto al resto del pianeta.
Sono tutti temi fondamentali per il futuro delle regioni alpine che vanno discussi in Europa, senza dimenticare la necessità di riformare le Istituzioni per trasformare l’UE in una vera e propria federazione con risorse gestite a livello comunitario che finanziano beni pubblici europei, con un’armonizzazione fiscale più efficiente, un vero esercito europeo e una politica estera condivisa che sappia affrontare le grandi sfide del prossimo decennio.
Per tutte queste ragioni e per molte altre di cui avremo modo di discutere in queste settimane di campagna elettorale, ho deciso di impegnarmi in prima persona.
La montagna è di tutti. Portiamo la montagna in Europa!