Non voglio tornare sul merito della crisi che si è aperta in Regione con le dimissioni di Chiara Minelli da Assessora e di Erika Guichardaz da Presidente di Commissione.
Non ci torno perché ho già scritto cosa ne penso (qui trovate il link) e non ho cambiato idea nonostante diversi amici di Progetto Civico Progressista (e non solo di PCP) mi abbiano scritto e mi abbiano spiegato le motivazioni alla base di quella scelta.
Vorrei invece provare a scrivere due righe su cosa ci aspetta ora e su come possiamo provare ad uscire da questa crisi che, come tutte le crisi politiche, se mal gestita può peggiorare la situazione anziché migliorarla.
E il punto di partenza da cui occorre ragionare per superare questo momento così difficile risiede nella presa di coscienza che, ad oggi, l’alleanza tra autonomisti e progressisti che governa la Regione non ha ancora maturato una piena consapevolezza del suo ruolo, delle sfide che l’attendono e della necessità di procedere ad una sintesi più profonda delle (innumerevoli) ragioni che ci uniscono rispetto ai (pochi) problemi che invece ci dividono.
Beninteso, non si tratta di nascondere la polvere sotto il tappeto. Perché la vicenda “Ospedale” dimostra come i problemi, soprattutto quelli più spinosi, vadano affrontati. Ma l’approccio alle tematiche sulle quali esistono visioni differenti non può essere quello di voler a tutti i costi rivendicare la propria idea di partenza. Piuttosto bisogna provare a fare insieme gli sforzi necessari per fare passi in avanti (pur se piccoli) nella direzione della condivisione e non in quella dello scontro.
In chiaro: a me pare che siamo ancora in una fase nella quale, venendo da esperienze diverse (chi ha governato negli ultimi 10 anni è affiancato da chi ha invece fatto opposizione in questo decennio) ci sia un approccio ai problemi separato. Ognuno, portatore di una sua visione, di un suo convincimento, sembra più interessato a far prevalere la sua idea piuttosto che ascoltare e capire le ragioni dell’altro. Credo che sia del tutto normale e fisiologico e rimarco questo atteggiamento un po’ da tutti, sia da chi arriva da anni di governo, sia da chi arriva invece dai banchi dell’opposizione.
Serve probabilmente tempo ma tutti noi non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo finale che è quello di governare in questa legislatura affrontando i tanti problemi che la pandemia ha lasciato e affrontando finalmente i grossi nodi che da oltre un quinquennio, causa una instabilità mai vista (almeno nella nostra Regione) sono rimasti latenti e non sono stati affrontati.
Mi riferisco certamente al tema Sanità, che non riguarda solo l’Ospedale e le sue mura, ma che riguarda più ad ampio raggio la riforma del sistema sanitario nel suo complesso, il rapporto con il territorio, la necessaria riforma dei servizi socio-assitenziali che è strettamente legata con quella sanitaria, la necessità di dare una risposta chiara a chi lavora in quel settore, il rapporto con il privato sociale e, ultimo ma non meno importante, il finanziamento di cui necessita la nostra sanità che deve essere prevalentemente pubblica e lo sforzo che la Regione e gli Enti locali devono fare per sostenere il welfare regionale.
Tema complesso e di fondamentale importanza soprattutto dopo tutto ciò che è successo con la pandemia ma non è l’unico sulla quale questa maggioranza è chiamata a dare risposte chiare alla popolazione valdostana.
Penso al tema del lavoro, nella necessità di sostenere il comparto turistico e commerciale così duramente colpiti ad esempio ripartendo dalle riforme sul turismo che erano approdate in consiglio regionale nella scorsa legislatura, poi arenate per la crisi politica.
Penso al tema della semplificazione amministrativa e a quello del comparto pubblico. Tema di straordinaria importanza sotto un duplice punto di vista: da un lato le risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che arriveranno anche qui in Valle d’Aosta ci impongono riforme importanti sul versante della Pubblica Amministrazione (riforme che saranno urgenti e vincolanti se vogliamo ottenere quei soldi), e dall’altro occorre ripensare al ruolo dei dipendenti pubblici perché in questi ultimi anni le amministrazioni locali hanno dovuto subire pesanti ripercussioni sul loro capitale umano con blocchi estesi e prolungati alle assunzioni e l’uscita anticipata dal lavoro di molti che hanno optato per “quota 100” lasciando le amministrazioni sguarnite di personale sul quale occorre invece puntare con nuove assunzioni e formazione continua.
E su questo tema noi non possiamo non porci il tema della dirigenza, della sua costante e necessaria formazione (perché sono coloro che dovranno tradurre in atti concreti la volontà politica e dare attuazione alle tante riforme e ai tanti soldi di cui disporremo nei prossimi anni), della necessità di immaginare un albo unico nel quale far confluire sia i dirigenti che i segretari comunali, con un percorso di formazione comune e qualificato da immaginare insieme all’Università della Valle d’Aosta.
Parallelamente occorre affrontare il tema della riforma degli enti locali, sia dal punto di vista delle funzioni che devono svolgere, quelle da svolgere in forma associata, l’idea che almeno i comuni più piccoli, sotto i 500 abitanti possano anche fondersi tra di loro con una azione incentivante da parte della Regione, la struttura organizzativa degli stessi anche viste le nuove opportunità offerte dal lavoro agile, dalle connessioni a fibra, dall’innovazione tecnologica e quindi la possibilità di offrire servizi più decentrati sul territorio limitando lo spostamento non necessario.
Il tema degli enti locali va poi affrontato anche e soprattutto sul versante del loro finanziamento che poi è l’elemento qualificante della loro autonomia sulla quale si gioca il futuro della nostra piccola realtà. Occorre mettere mano ai trasferimenti degli enti locali per dare loro certezza delle risorse, possibilità di programmare, capacità di agire e spendere i soldi dei contribuenti e far crescere l’economia.
Esiste e deve essere affrontato il tema dell’extra-gettito IMU, soldi che i comuni sono obbligati a incassare e che non possono usare perché devono essere trasferiti allo Stato per il risanamento delle finanze pubbliche. In attesa che la problematica venga definita a livello statale una buona idea su cui lavorare potrebbe essere che la Regione, che funge da garante nella riscossione dell’Extragettito IMU da versare allo Stato, si accolli tale onere liberando risorse certe per i Comuni.
Stiamo parlando di circa 32/33 milioni di euro che potrebbero essere trattenuti dai comuni, che diventano risorse certe nella predisposizione del bilancio e potrebbero aiutare i nostri enti locali. Ovviamente ci vuole una compensazione: a fronte di maggiori risorse attribuite ai comuni questi si potrebbero accollare delle spese che invece oggi sostiene la Regione come i servizi agli anziani (le microcomunità e il servizio di assistenza domiciliare) oltre ai servizi di prima infanzia (asili nido e tate familiare). Il complesso di questi servizi non arriva alle cifre dell’Extragettito ma occorre ripensare il sistema dei servizi agli anziani post pandemia (più servizi territoriali e domiciliari, meno micro e più servizi sanitari) e per aiutare le famiglie nella ripresa economica perché non pensare a servizi per la prima infanzia gratuiti per i prossimi 5 anni?
Come si vede i temi da affrontare sono tanti, sono complessi e son convinto che su queste proposte l’alleanza autonomista e progressista abbia più punti in comune che non differenze così insormontabili.
Lavoriamo insieme su questi temi perché abbiamo l’onere e l’onore di governare la nostra regione. Dobbiamo farlo recuperando una condivisione di fondo sui grandi temi che la Valle d’Aosta deve affrontare nel prossimo decennio.
Ed io credo che serva un Governo nel pieno delle sue funzioni. Non ho ruoli da nessuna parte ma credo che PCP dovrebbe rientrare in Giunta con una rappresentanza femminile che solo noi, nell’ambito di questa alleanza, abbiamo.
Secondo me (e parlo ovviamente a titolo del tutto personale) Erika deve prendere il posto di Chiara in Giunta e la maggioranza deve proseguire con più vigore il cammino intrapreso fin qui.
Perché ci sono tanti, troppi temi (che neppure ho accennato) sui quali lavorare insieme, sui quali la sinistra ha tanto da dire e perché tra due anni ci sono le elezioni politiche che saranno fondamentali. E non possiamo arrivare divisi a quell’appuntamento.
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